UtopItaly
Italia o UtopItaly? Sono cresciuto studiando Garibaldi che univa l’Italia, questo c’era scritto sui libri di storia. Poi, D’Azeglio rimase indelebile nelle nostre memorie: “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”, a rimarcare quanto l’unione geopolitica non bastasse. Sono cresciuto a pane e divario fra Nord e Sud, un pesante divario economico, difficile da colmare. Si cresce così, pensando che il divario fosse fra culture, lingue, dialetti, usi e costumi.
Sono cresciuto
Come tanti della mia generazione, la mia vita è stata caratterizzata da Toto Cutugno che ci spronava all’orgoglio italiano; il martirio di Falcone e Borsellino che univa tutti quanti sulla necessità della legalità e l’improcastinabilità della lotta alla criminalità di ogni tipo. E ancora, Fabrizio Quatrocchi, col suo martirio, che ci mostrò “come muore un italiano”.
Oggi
Mi accorgo che questo nostro paese è un altro. Un’Italia unita sicuramente su fronti più importanti. Ma divisa, sostanzialmente divisa, per le medesime ragioni. Per quanto si possa individuare ancora un’Italia a due velocità, l’aspetto che stride e separa è decisamente profondo e non riguarda la latitudine. Non riguarda neppure lo sviluppo industriale, ormai svilito dove era un’eccellenza mondiale, dalla svendita continua attuata per quella “longa manus” che non guarda il patriottismo ma persegue solo l’interesse.
Divario ideologico
Neppure Garibaldi potrebbe unire a forza quella che è una netta separazione di idee, ben più forte di quella che divideva a quei tempi. Due visioni diverse, due mondi distinti, e non mi riferisco alle diverse idee politiche. Piuttosto a quelle che attengono alla visione della vita.
Confronto impossibile
La bagarre è divenuta difficilmente sanabile quando si è preso il largo rispetto all’isola del rispetto. Nel momento in cui è cominciato a venir meno la possibilità di coesistenza pacifica di impostazioni di vita diverse, quando la richiesta si trasforma in pretesa dell’opposto e quando essa si sposta dal sociale al politico, allora emerge in ogni caso una forma di oppressione.
Quale pretesa
Negli ultimi anni, il dibattito sui riconoscimenti, di qualsivoglia tipo, si è spostato in direzione soprattutto del silenziamento dell’opposto. Un caso strano: chi pretende pari trattamenti, per paradosso, rivendica, oggi, asserzioni assolutistiche.
Bavagli
I presunti oppressi diventano oggi i nuovi oppressori con uno slancio inaudito: la pretesa del bavaglio e dell’esclusione dell’altro, chiunque esso sia. Esporre un a linea di pensiero “diversa” incontra non solo una censura non prevista per legge, ma persino l’insulto, l’emarginazione ed etichettature dispregiative.
L’asservimento social
I social hanno contribuito in modo sostanziale all’asservimento verso i nuovi padroni morali. Il politically correct, l’arma più in voga. Sulla base di quest’onda tutto è possibile, ogni voce scomoda silenziabile, ciascun pensiero “fuori range” accuratamente censurato (Sesto potere).
Qualche esempio
Il “fluido”, questa forma di precariato dei sensi, ha sostituito il concetto di stabilità e di fermezza. Sarebbe la lunacità erta a sistema, il concetto del “io sono quello che mi sento nel momento”, l’altalenante sinusoide perenne che caratterizza le vite. Da qui, la frammentazione del genere, in barba alla genetica stessa.
Il relativismo impera, si afferma l’inutilità delle certezze e pertanto della coerenza verso qualcosa di immutabile o stabile (Eterno meraviglioso uguale).
La famiglia, luogo naturale, nel suo senso più strettamente biologico, è sostituito con la sua esteriorità aggregante e smette di essere il primo nucleo sociale e formativo per la prole.
L’estremizzazione del pensiero illuministico: secondo la nuova moda di pensiero, non solo sono padrone di me stesso, al punto da autodeterminarmi, ma sono variabile, tutti siamo variabili, il caos più assoluto, nessuno è più coordinata stabile per l’altro.
Il neo “peace&love” naviga in direzione del “creiamo un mondo a pensiero univoco”: annientiamo definitivamente il diverso. Il pluralismo è reazionario, la stabilità è reazionaria, la verità come concetto in sé è reazionaria.
Che risultato
L’orrido. Questo l’unico risultato. Il rispetto vale solo verso l’uguale, vige la pretesa di un mondo perfetto, dove tutti sono omologhi ovvero dove ciascuno è nessuno, l’identità si annulla nel mare dell’insieme e questo si incanala nel grande oceano del resto del mondo che si muove sugli stessi binari. La democrazia si estrinseca nell’annullare quella reale e crearne una più bella, dove eliminati “gli altri”, siamo tutti univocamente d’accordo. E se ti pizzica la nostalgia del prima, adottiamo l’uso del sonno chimico (La regola del paradosso).
Quale Italia dunque? Un’Italia utopica, un’accozzaglia impossibile?
Un’UtopItaly, ovvero una follia.
Un’utopica corda pazza