Sono afflitto ma sempre lieto
Mi tornano in mente le parole proverbiali di mio zio che soleva ripetere, durante le varie fasi della vita di ciascuno di noi nipoti: “Dovrai andare come con legna sulle spalle!”. Lui, avvezzo alla vita di campagna, di quelle in cui si lasciava casa ad inizio settimana, in cammino col mulo, per farvi ritorno solo alla fine di essa; lui, a lungo prigioniero di guerra dei nazisti, in cui anche solo un pezzo di giornale di pochi centimetri costituiva una speranza di vita, ci insegnava che il cammino e’ sempre arduo.
Il pellegrino di Boughton
“Una volta ho visto un bel quadro; era un paesaggio serale. In lontananza, sulla destra, una fila di colline, azzurre nel cielo della sera. In queste colline lo splendore del tramonto, le nubi grigie costellate d’argento e d’oro e porpora. Il paesaggio è una pianura o una brughiera, coperta d’erba e di steli gialli, era infatti autunno. Il paesaggio è tagliato da una strada che porta a un alto monte, lontano, molto lontano; sulla sua cima una città che il sole al tramonto fa risplendere.
Il pellegrino
Sulla strada cammina un pellegrino col suo bastone. E questi incontra una donna – o una figura in nero – che richiama un’espressione di San Paolo: afflitto ma sempre lieto. Quest’angelo di Dio è stato posto qui per consolare il pellegrino e per rispondere alle sue parole. E il pellegrino le chiede: “Questa strada è sempre in salita?”. E la risposta è: “Certo, fino alla fine, sii attento”. E di nuovo egli chiede: “E il mio viaggio dovrà durare tutta la giornata?”. E la risposta è: “Dal mattino, amico mio, fino a notte”. E il pellegrino allora prosegue, afflitto ma sempre lieto.”
San Paolo ai Corinzi
Nella seconda lettera di San Paolo ai Corinzi, emerge con molta chiarezza la fatica necessaria e comune a tutti, ma al tempo stesso la speranza: “In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi.”
Il dolore
Pensare ad una vita senza dolore o perfino desiderare che la propria strada sia avulsa dalla sofferenza, e’ un grande errore. Non sono ricchezze e facilities che rendono la vita migliore. La difficoltà, anzi, sospinge lo spessore, ci tempra e ci restituisce ogni autentico valore. Una persona che incontrai nel corso della mia esistenza, ebbe a farmi notare come “si scrive se si ha qualcosa da dire”. Aggiungo, dopo che sono trascorsi un po’ di anni da allora, che non si ha nulla da dire se non si attraversa la vita, comprese le difficoltà e gli sforzi.
Vincent Van Gogh
Questo artista e’ consapevole del suo io in una maniera molto intensa. Non rifugge la sofferenza e al tempo stesso si affanna per mostrare la bellezza che gli viene indicata dalla sua sensibilità. Il suo correre, il suo fare senza tregua, quasi consapevole che il tempo della vita e’ breve, mi commuove.
Vincent non ha tempo da perdere ne’ gl’importa la vita fatta di agi. Si sposta, soffre il suo disagio, ma ha tanto da comunicare. Lo fa con ciò che gli si confà di più, con la pittura, ma spiega tanto tramite le lettere al fratello Théo.
Il seminatore
La visione di questa sua opera mi ha toccato nel profondo: Vincent ha un grande rispetto per chi lavora i campi perché tale lavoro riguarda il cerchio della vita. In esso, c’e’ il seminatore che rappresenta un momento iniziale; ma esiste anche il mietitore rappresentato in altro quadro. Il seminatore lancia le sementi e auspica che il terreno sia buono e possa consentire una buona crescita delle piante.
La parabola
Nella parabola del seminatore, Gesù è molto diretto verso i suoi discepoli. Non basta “udire” la buona parola: nostra responsabilità è essere terreno fertile. Fra tutti, ci saranno coloro che lascia portar via “la parola” da Satana; altri, che la ricevono con gioia ma il cui effetto ha vita breve perché traviati dalla paura delle tribolazioni e persecuzioni derivanti da essa (come una semina che finisce sulle rocce); altri ancora che “per impegni mondani e inganno delle ricchezze”, la lasciano infruttuosa. Infine, ci sono coloro che accolgono la semina avendo avuto cura che il proprio terreno (se’ stessi) si sia mantenuto fertile per dare buoni frutti.
Il fine
Van Gogh vive, nella sua breve esistenza, l’intensità di chi ha chiaro il fine ultimo. Vive l’attesa con profondo spessore: quando doveva accogliere l’amico Paul Gauguin si prodigava a preparare la sedia in cui l’avrebbe fatto sedere; convoglia i propri disagi nella passione artistica perché in essa trova la sua ragion d’essere al servizio di un Disegno più grande su di lui; infine comprende che il suo amore non troverà sbocco nel rapporto di coppia, ma nell’esigenza dell’arte che lo assorbe integralmente. Sente di avere una missione e non si tira indietro. Soffre per la sua condizione ma in essa ritrova ogni significato.
Una grande testimonianza, al pari di quella di Paolo: “Sono afflitto ma sono sempre lieto”, una adesione totale al proprio destino, egli fa un modo di essere terreno fertile, ma al tempo stesso ha lasciato l’esempio, da buon seminatore.
https://m.youtube.com/watch?v=4x3MIHWLneo