Regola? Assente!
Regola? Assente! Sembriamo vivere in assenza di regole, ovvero anarchia. Questo almeno per definizione. Questa è la percezione odierna nel nostro paese da parte della “corda pazza”. Permessivismo, piuttosto. Perché secondo un certo modo di vedere le cose, oggi, sembra che le regole non siano portatrici di ordine, ma di oppressione.
La visione distorta
C’è una differenza e non di poco conto fra stabilire delle regole per il buon vivere civile, e vietare. Eppure, il pensiero unico fa emergere solamente questo aspetto della cosa. Pertanto, con un fare subliminale, si lascia passare il concetto che infrangere la legge possa essere giusto.
Libertà
Assenza di regole è divenuto sinonimo di libertà. Preciso il mio punto di vista contrario: assenza di regole è solo caos, disordine, regressione, incertezza. Quel lontano ovest americano, quel Far West riprodotto in centinaia di film ci mostrava un contesto in cui la legge labile era determinata più dalla Colt che dallo sceriffo locale.

Idem nella giungla: la legge del più forte, cioè impongo me stesso e me ne infischio del rispetto. Libertà è aderire a qualcosa e esserne certo. L’incertezza opprime e genera ansia e insicurezza.
https://www.youtube.com/watch?v=Xdc68U1ThAM
Certezza delle regole
L’organizzazione sociale necessita della certezza delle regole e della loro costante e egualitaria applicazione. Due casi esemplificativi: colui che si è difeso in casa, pochi giorni fa, ferendo il ladro armato di spranga è indagato per tentato omicidio volontario. La donna nigeriana fermata con 74 ovuli di cocaina che sfila l’arma al finanziare che e tenta più volte di spararle addosso a brevissima distanza, secondo la magistratura italiana, è indagata per sola tentata evasione aggravata e resistenza a pubblico ufficiale. Niente tentato omicidio. Che certezza delle regole? Che bilanciamento nell’applicazione delle vigenti leggi?
Un caso personale
Pochi anni fa, abbiamo ospitato un giovane proveniente dal Brasile ma che da un pò di tempo vive a Dublino. Questa persona ha discendenti italiani e pertanto, secondo la norma, ha chiesto di diventare cittadino italiano. Smette di lavorare per un periodo a Dublino e si reca in Italia per ogni formalità. Nonostante avesse presentato regolarmente ogni documento comprovante il suo diritto, ha ottenuto la cittadinanza (e conseguente residenza) dopo quasi 4 mesi. Nelle more, senza batter ciglio, ha vissuto, secondo le norme, da cittadino non comunitario.
Giurisprudenza attuale per profughi
Nonostante l’attuale legge in vigore (Legge votata, quindi, da due rami del parlamento e promulgata dal Presidente della Repubblica), due diversi giudici italiani, contrariamente a quanto previsto, accettano i rispettivi ricorsi presentati da profughi chiedenti asilo in Italia, per essere inscritti all’anagrafe, prima che abbiamo ottenuto il relativo permesso di soggiorno, documento necessario per l’iscrizione anagrafica. Si tratterebbe di attendere un normale iter burocratico di riconoscimento del proprio status, parimenti al caso personale sopra esposto. Questo concetto di “parimenti” in Italia non esiste più. Un profugo appena arrivato, nonostante gli siano garantiti tutti i servizi primari, pretende l’iscrizione anagrafica.
Le motivazioni dei giudici
La motivazione della sentenza è la seguente: “una legge che evidenzi come il permesso di soggiorno per la richiesta di asilo non costituisca titolo per l’iscrizione anagrafica è illegittima”. Non entro nel merito della questione. Non mi ergo ad esperto di giurisprudenza. Ma sono un cittadino e pretendo la certezza della norma. Se il legislatore ha sbagliato, perché non si avvia un iter di revisione? Perché non viene dichiarata incostituzionale la norma? Invece no. I giudici disapplicano caso per caso. Se le regole ci sono, non si applicano ma nello stesso tempo si lasciano lì. Come a dire, non ci importa chi governa e chi legifera. La magistratura fa ciò che vuole.
Cancelliamo le regole?
Riguardo alla Pubblica Istruzione italiana, la Camera dei deputati, lo scorso trenta aprile ha abrogato per la scuola elementare e media inferiore, tutte le regole disciplinari. Niente più ammonizioni, note sul registro, sospensioni ed espulsioni. Cito un altro caso di cui sono venuto a conoscenza a titolo personale. In una scuola media inferiore italiana, un alunno (età massima quindi tredici anni) ha ritenuto simpatico diffondere su un social numero di telefono, targa dell’auto e indirizzo di un docente, postando persino foto. Nessun intervento disciplinare, adesso, sarà più possibile, secondo queste nuove prospettive.
L’attacco alla Pubblica Istruzione
Houellebecq in “Sottomissione” descrive a meraviglia il fenomeno in corso. Nel suo romanzo fa notare come la cultura musulmana in Francia ha puntato prima ancora che ai ministeri finanziari, alle scuole e università. Perché? Controllare la cultura è controllare il pensiero di ogni individuo già dalla fase della crescita. Non a caso, i fautori del pensiero unico hanno preteso di introdurre prima ancora dell’educazione sessuale, corsi sull’ideologie gender. Perché si è voluta la scuola pubblica “libera” di stabilire programmazioni ad hoc? Per diffondere agevolmente una certa cultura piuttosto che un’altra. Con ogni implicazione possibile.
Cancellare le regole: perché?
Cancelliamo il passato, cancelliamo l’identità e le culture, cancelliamo adesso le regole: perché? Da un pò di giorni lascio rispondere il mio amico George, un amico lontano, ma non nello spazio ma nel tempo: richiamo ancora una volta Orwell: In un mondo privo di regole si può applicare meglio il bipensiero: si può affermare e negare a piacimento, secondo la convenienza dell’istante.

A lezione di Orwell contro l’autismo statalista
Saluti dalla “corda pazza”.