Ragionamenti perversi
“Quando non si può attaccare il ragionamento, si attacca il ragionatore” (Paul Valéry). E’ ciò che accade sempre più spesso e mi sento in dovere di non smettere di dirlo. E’ ciò che mi è accaduto anche in occasione del post “Femminismo o donna”, in difesa della donna, nella sua peculiare diversità, contro l’idea di polverizzazione di genere (che ho definito malsana ma avrei dovuto dire falsa) rispetto al binomio uomo/donna che esiste in natura. “Dovresti scrivere di fantasia”, mi dissero in una conversazione telefonica, “Eri partito a scrivere romanzi e racconti; perché non continui su quella strada, piuttosto che metterti a fare l’opinionista?”. Ometto gli insulti per puro bon ton, ma riferisco il cuore dell’attacco al ragionatore. Aver affermato l’esistenza di questo binomio è tacciato come “delirio identitario”, e “omofobia”.
Cellule gametiche
Le cellule gametiche sono le cellule sessuali mature atte alla riproduzione. Le cellule eucariote (più complesse) sono maschile e femminile. I gameti (umani, animali, vegetali) sono aploidi, ovvero hanno un corredo cromosomico dimezzato, ai fini dell’unione con altro gamete di genere diverso (maschile con femminile. Nella fase riproduttiva, i due gameti (maschio-femmina) mettono in comune i due corredi, ricostituendo quello diploide per completare il nuovo individuo. I dati stabiliti dalla natura per ogni essere vivente sono pertanto incontrovertibili biologicamente.
Le teorie gender
Il ragionamento delle teorie gender pretendono di distaccarsi dal dato biologico per affermare che ciascun individuo è libero di autoassegnarsi un “genere” a secondo della propria soggettiva percezione, al di là del proprio sesso naturale. Lascio ciascun lettore rispettosamente libero di trarre le proprie conclusioni. Dal canto mio ci tengo precisare: Ho il sacro rispetto di chiunque, al di là della soggettiva percezione che ognuno vuole attribuire a se’ stesso.
Attacco al pro life
Altri ragionamenti perversi: la tendenza di porre “nuove vesti” al pensiero, si estende alle grandi aziende: ecco, di seguito, uno stralcio del recente comunicato sottoscritto da centottanta amministratori delegati: “Limitare l’accesso a cure riproduttive complete, incluso l’aborto, minaccia la salute, l’indipendenza e la stabilità economica dei nostri dipendenti e clienti. [..] va contro i nostri valori e fa male agli affari. [..] ciò compromette la nostra capacità di [..] reclutare i migliori talenti in tutti gli stati e proteggere il benessere di tutte le persone che mantengono vivi i nostri affari.”
Aborto come malattia?
Se a qualcuno fosse sfuggito, lo ripeto io: Secondo questi centottanta top manager, l’aborto fa parte delle “cure riproduttive complete”. Si cura una malattia: in questo caso, il feto presente nel grembo di una donna è considerato alla stregua di un cancro da estirpare perché minaccia la salute e il benessere dei loro affari! Non ci sarebbe (neppure in questo caso) bisogno alcuno di commentare: il lettore può trarre da solo le sue conclusioni o fare le sue personali valutazioni in merito.
Clinica Mangiagalli
Certi politici attivarono azioni legali per la rimozione di un manifesto pro life affisso presso la clinica Mangiagalli di Milano (Un mondo nuovo) che proponevano un sostegno alle donne incinte nella fase di valutazione della gestazione. Promuovere azioni legali, per chi non cogliesse, significa rivolgersi ad un giudice nel caso si verificasse una violazione di legge. Promuovere assistenza alla vita è lecito (ci mancherebbe!), ma per certi politici addirittura era da considerarsi “grave violazione”. Di quale diritto, mi chiedo? Mi domando ancora perché la legge, così tanto premurosa nel censurare in taluni casi, non ravvisi alcunché di strano una promozione così tanto fuorviante? Aborto come cura di una malattia, aborto in funzione di una uguaglianza fra i dipendenti, aborto in funzione degli affari, aborto, uccidere il nascituro, per proteggere un benessere. Se permettete, queste affermazioni sono pazzesche e inaudibili. Buttar via un feto, come cavare un dente cariato: migliora il benessere “turbato” delle dipendenti che possono riprendere la corsa alla carriera al pari dei colleghi uomini e permettere il buon corso degli affari dell’azienda.
Strane correlazioni
Nel corso dei miei studi di statistica ho particolarmente apprezzato l’analisi delle correlazioni. C’è correlazione fra due variabili sociali, per esempio, se al variare di una variabile si riscontra la variazione anche dell’altra: non necessariamente in modo proporzionale o secondo una precisa legge matematica, ma deve esserci un riscontro. Appare però altrettanto ovvio che, se in uno stesso ambito temporale accade che due variabili variano, non significa automaticamente che siano in correlazione.
Studi
Deve esserci anche una ragionevole motivazione a supporto. Questo aspetto (evidente anche ad un non addetto agli studi statistici) non e’ stato cosi chiaro a due economisti (John Donohue e Steven D. Levitt) che hanno di recente pubblicato uno studio (“The impact of legalized abortion on crime over the last two decades”) in cui “correlano” il fortunoso maggior accesso all’aborto degli appartenenti alle classi svantaggiate con la diminuzione di criminalità. In sintesi, il consiglio di questi due “eminenti professori di economia”, è di favorire l’aborto presso le classi sociali basse in quanto favorirebbe la diminuzione del crimine. La ricetta, priva di ogni etica, percorre la linea di un ragionamento perverso: il disagio economico spinge a delinquere; pertanto, secondo queste teorie dovremmo favorire la vita delle sole classi agiate, anziché porre in essere misure sociali di sostegno a quelle in difficoltà. Un altro studio che antecede (Brian Clowes) dimostra, al contrario che il calo di crimini nel medesimo periodo fu dovuto al miglioramento delle tecniche investigative e di polizia nel combattere il traffico di sostanze stupefacenti (https://www.google.it/amp/s/www.lifesitenews.com/mobile/news/study-claiming-abortion-lowers-crime-rate-is-rooted-in-racism-pro-life-researcher-says).
In questi ragionamenti perversi, riesco a individuare un grave pericolo: una nuova selezione della razza su base economica.
Buone riflessioni dalla “corda pazza”