Radio Radical Chic
Partiamo da un fatto: Sono per il pluralismo e rispetto ogni voce. Ma certe perplessità vanno evidenziate.
L’Unità
Poche settimane fa abbiamo letto dell’incalzare della polemica fra i redattori dell’Unità e il direttore di una testata giornalistica, opposta di idee e pensieri, che, in nome del pluralismo, si è prestato a firmare l’edizione di quella giornata pur di consentirne l’uscita. Dai redattori, a loro detta ignari, si è sollevata l’orgogliosa protesta con lettera pubblica. Pur trattandosi di una mano d’aiuto tesa verso gli avversari, i redattori hanno ravvisato un tentativo di auto pubblicizzarsi. Non entro nel merito: emerge, in ogni caso e a prescindere se sia giusto o no, l’orgoglio che non supera certi confini nonché posizioni che non si piegano.
Salone del libro di Torino
Erano quelli i giorni del salone del libro di Torino in cui una casa editrice venne “cacciata” perché ritenuta “troppo” di destra, quasi come se la libertà di opinione potesse incontrare limiti. L’accanimento censorio (seppur irragionevole) risultò così forte da avere l’effetto opposto giacché fece aumentare a dismisura le vendite di una casa editrice poco nota al grande pubblico.
Giornali e TV
Molti periodici e quotidiani, nonché svariati mezzi di informazione, come TV e radio, sono sostenuti con finanziamenti pubblici. Non tutti, va detto. Poiché questo non vuole essere un articolo pubblicitario, evito i nomi di quei “virtuosi” che vivono nel medesimo mercato dell’informazione, secondo i normali criteri delle leggi di mercato.
Blogger
Per chi non ci avesse riflettuto, anche i blogger, nel piccolo, non ricevono aiuti: fanno informazione su base puramente spontanea, sostenendone costi e tempi dedicati.
Radio Radicale
Non si vuole puntare il dito, ma una riflessione occorre. Radio Radicale, pare, abbia ricevuto, negli ultimi venticinque anni, ben 250 milioni di sovvenzioni pubbliche. Dopo aver ricevuto già nel 2019 un forte contributo, un ramo del Parlamento ha votato un ulteriore finanziamento per questo stesso anno.
Perché?
Ci si chiede perché. Ce lo chiediamo per tutte le aziende che non riescono a stare sul mercato e che, con loro pretenziosità, dobbiamo mantenere. Radio Radicale o Alitalia non cambia. Qui si tratta di un pluralismo a sole spese degli italiani. Emerge la contraddizione di atteggiamento fra due punti contigui dell’informazione: da una parte gli orgogliosi redattori dell’unita’ che “rifiutano” la firma di un direttore perché di parte opposta; dall’altro, il vittimismo di una radio che vive di solo finanziamento pubblico e gioca al liberismo con i soli soldi degli altri.
Che liberismo
Da anni i cittadini hanno chiaramente indicato di non gradire il finanziamento pubblico dei partiti. La medesima insofferenza arriva per l’informazione che in taluni casi sopravvive anche in assenza di consensi. Per dirla tutta, i consensi e gli appelli alla coscienza civile si smuovono a patto che a tirare fuori i soldi non siano finanziatori e sostenitori ma la mamma stato. Sussiste ancora la contraddizione: Mentre si invoca l’intervento statale per lasciare sopravvivere (sopravvivere a suon di milioni di euro!) radio radicale in nome di “pluralismo”, dall’altro si chiede alla stessa “mamma” la censura negli altri casi: cattolici e pro Life non devono manifestare, Altaforte non deve presenziare in un salone del libro, e guai a togliere i patrocini (persino con contributo) ai Pride in tutta Italia.
Stato: di chi?
Nell’era del berlusconismo, si attivarono le lamentele giacché si verificava una concentrazione di mass media nelle sole mani di una persona. Non era garantito il pluralismo, si disse, seppure su certe emittenti trovarono ampio spazio (e ben pagati) gli attuali cronisti di sinistra. In ambito di tv di stato, lo stesso Fabio Fazio è risultato avere un contratto pluri milionario ingiustificabile per le casse pubbliche. I soldi dei contribuenti sarebbero i soldi del popolo, quello stesso popolo da cui una certa sinistra elitaria da tempo ha preso le distanze.
Pertanto, ci si domanda se con tutti i milioni che succhia Radio Radicale non sia semplicemente diventata Radio Radical Chic.
Un saluto “informato” dalla corda pazza.
Rosario Galatioto