Sono del ‘69, in quegli anni, da appartenente ad una famiglia di emigrati, mi trovavo oltralpe. Al principio dell’estate del ’78, la mia famiglia valutò il ritorno in patria. Poche settimane prima, c’era stato l’assassinio di Aldo Moro e la ribalta per le BR. Non avevo età per capire. Ad appena otto anni, dalle immagini in tv, percepivo soltanto la tensione. In seguito, a scuola, la storia non aiutava certo a capirne di più, il programma si fermava alla Seconda guerra mondiale.
Per intuire quello che passava per la testa di quei giovani di allora, mi ci sono volute tante letture, un po’ di decenni sulle spalle e tanta osservazione critica. Ho vissuto (oppure subìto) il Movimento studentesco della Pantera a Palermo nell’89, ho ascoltato la rabbia e ho guardato la mia povertà. Poi, da giovane siciliano, sono stato attraversato da quel susseguirsi di vane promesse politiche di cambiamento, ho guardato da lontano le due corsie, quella dei “raccomandati” col posto sicuro nel concorso “truccato” e quella in cui ti sbatti invano, nella quale sei uno dei tanti a far numero per giustificare e coprire il successo di quelli dell’altra corsia. Tanta enfasi politica alla vista della gente, tanto sotterfugi e compromissioni sottobanco. Ho visto giovani arrabbiati, miei coetanei, che si organizzavano, denunciavano il malaffare, consapevoli di come certe sanguisughe si aggrappano al contenitore “Stato” fintamente interessati al benessere sociale, ma molto di più al proprio. Giuravano di voler ripulire quella feccia, la gente onesta merita di più, dicevano.
Dopo tanto arrangiarmi, me ne andai, trovai lavoro, ma questo poco importa. Nel corso degli anni, ho visto altri visi come quelli, altri giovani rabbiosi, altre promesse di smantellare questo schifo.
Molti di quegli stessi visi, li vedo ancora. Alcuni hanno incontrato un Significato più grande e il loro percorso di vita non dipende da quel marciume. Altri sono ben vestiti, fra di essi importanti professionisti, altri ancora con incarichi pubblici di buon livello. Non gridano più, se lo fanno è per diritti di nicchia. La disoccupazione, gli stipendi da fame, il carovita e il mutuo che s’alza, poco importa. Gridare, nel caso, serve a tenere a posto la coscienza.