Quando ero piccolo
Quando ero piccolo, giocavo con le macchinine. Mi piacevano colorate e di ferro, un pò meno quelle di plastica, più leggere. Quando ero piccolo mi piacevano le biglie. Ciascuno di noi maschietti portavamo sempre con noi il nostro sacchetto di biglie colorate. Biglie di vetro, biglie di ceramica. A volte ce le scambiavamo, con altre giocavamo ad un gioco sulla terra. Chi vinceva, si prendeva le biglie giocate dall’avversario.
Fumetti
A sei anni cominciai a leggere fumetti: vivevamo in Francia e il nostro caro Paperon de’ Paperoni si chiamava semplicemente Picsou. Ma c’erano anche “Pif et Hercule” e poi Lucky Luke, Tintin e Asterix. Arrivai in Italia poco prima di compiere otto anni: divoravo il Topolino italiano, e poi Braccio di Ferro, Geppo, Nonna Abelarda. Andare in edicola era una festa.
Il pallone
Chi fra noi ragazzini non ha dato calci ad un pallone? Il pallone è sempre stato il tutto. Col pallone si potevano fare parecchi giochi. Giocavamo a calcio, è vero, ma se era un momento di gioco fra ragazzini e ragazzine, si giocava a palla prigioniera, a palla avvelenata, a pallavolo e cosi via.
A scuola
Quando ero piccolo è un periodo indefinito nella mia memoria. Non riesco a dire quando non sono stato più piccolo. Forse quando finii la scuola elementare? Neppure. Ero un ragazzino comunque. Ricordo di aver continuato a giocare al pallone, ricordo che abbiamo continuato lo scambio di figurine.
Cartoni animati
Quand’anche cominciai a fare il garzone nei pomeriggi del periodo della scuola elementare, non vedevo l’ora di poter vedere i cartoni. Era il periodo di Goldrake, Mazinga Z, Remi, Candy Candy, Lulù e il fiore dei sette colori, Bia, Heidi, Mimì e tutti gli altri. C’erano Tom e Jerry, Willy il Coyote e Beep Beep, Titti e Gatto Silvestro.
Quando ero piccolo
Quando ero piccolo, c’erano i bambini, maschi e femmine. Quando ero piccolo non me ne fregava nulla di come ci vestivamo. Pantaloncini e maglietta d’estate, pantaloni e maglione d’inverno. Prima di una certa età non ricordo nessuna forma di malizia sulle marche dei vestiti o sullo stile. Quando ero piccolo era normale che fosse così. Era normale che le femminucce mettessero la gonnellina per essere più eleganti. Punto e basta. Pantaloni per maschi, gonne per femmine. Abbastanza facile credo, abbastanza ovvio, abbastanza scontato, nulla da aggiungere.
Maschi e femmine
Che altro c’è da sapere? i maschietti sarebbero diventati uomini e le femminucce donne. Uomo e donna, padri e madri, figli maschi e figlie femmine. E la storia si ripete all’infinito. La storia dell’umanità.
Vanity Fair
Leggo sul giornale di un servizio giornalistico su Vanity Fair dal titolo “Chiamami col mio nome”, dedicato a quattro adolescenti che hanno iniziato una sorta di “viaggio di trasformazione”. Leggo di quattro ragazzini trans: diciassette anni, poi sedici, dodici e infine il più piccolo nove anni. Quest’ultimo, pare, che sin da piccolo abbia voluto indossare vestiti a fiori e successivamente abbia voluto mettere la gonna. Rimango perplesso.
Simone Marchetti
Leggo le parole del direttore della rivista a proposito del servizio: “E’ stata un’occasione fantastica per diffondere qualcosa di davvero speciale e progressivo.”
La mia memoria
Provo a confrontarmi con le parole del direttore di Vanity Fair. Simone Marchetti: mi dico che non ho idea di chi sia esattamente questo signore, ho appena appreso il nome e il cognome. Mi metto in discussione rispetto alle sue parole e mi dico che stante al suo metro di giudizio io non sono né speciale né progressivo. Né lo ero, né lo sono diventato. Che banale che sono, rispetto a lui. Sono stato un bambino banale, poi un ragazzo banale, infine un uomo, un padre e così via. Tutto banale, mica progressivo.
Elfi e gnomi
Mi impongo di non essere ottuso. Una delle mie doti, dicevano alcuni insegnanti, era quella di essere razionale, un ottimo “ragionatore”. Bene, sono aperto, mi metto in discussione, ma trovo a tutt’oggi difficile pensare a un bambino di nove anni, quale anche io sono stato, che pensa ad assumere farmaci “bloccanti” affinché non gli cresca in futuro la barba. Raccontatemi ancora di elfi e gnomi in materia di fantasia, posso sforzarmi di crederci, ma NON che un bambino, in maniera consapevole, a NOVE ANNI abbia deciso di non farsi crescere la barba.
Felicità di un banale sfigato
Non conosco l’infanzia di Simone Marchetti, non so cosa pensasse lii a nove anni. Io sono contento di ciascuno dei pensieri che mi ha contraddistinto finora. Banali probabilmente, poco progressivi e ancor meno speciali. uno come me oggi si definirebbe sfigato. Bene, preferisco rimanere un banale sfigato, credetemi.
Rosario Galatioto



