Pluralismo o bavaglio?
Nelle scienze sociali, il pluralismo indica “la condizione di una società in cui individui e gruppi diversi per razza, etnia, religione, cultura, orientamento politico o altro, coesistono nella tolleranza reciproca, conservando un’autonoma partecipazione alla vita pubblica e mantenendo una gestione autonoma delle proprie tradizioni culturali o ideologiche.” In sintesi, tolleranza, coesistenza e autonoma partecipazione alla vita pubblica. Una concezione pluralista dell’esistenza in società prevede, pertanto, il rispetto. Se no ci sarebbe da chiedersi se c’è pluralismo o bavaglio?
Aspetti pratici
Da un punto di vista concreto, per poter attuare un modello sociale pluralista occorre che le parti coinvolte attuino comportamenti tali da consentire la libera espressione e manifestazione di ogni pensiero dentro il quadro delle forme espressive consentite dalla legge.
Discredito e fake news
La tendenza degli ultimi tempi, però, registra un’intensificazione di comportamenti, da varie parti, verso il discredito delle idee o ideologie delle parti diverse dalla propria. In sintesi, si chiama intolleranza. In politica è uso consueto, ormai, discreditare la parte avversa, piuttosto che proporre il proprio programma. L’uso di fake news in ambito web non fa altro che accelerare questo processo. Difficile districarsi in un dedalo di false o mezze verità, o piuttosto di bugie riguardo alle intenzioni degli avversari.
Cambio di prospettiva
Il punto è proprio quello: prassi divenuta abituale è quella di “identificare” l’appartenenza del soggetto che ci si trova davanti e classificarlo semplicemente come amico o nemico. Ovvero, è venuto meno il principio del pluralismo: scontro anziché dialogo, nessuna sintesi costruttiva ma ferrea volontà di dominio su tutto e tutti.
Intolleranze
Di forme di intolleranze se ne contano a bizzeffe da ogni parte. A Verona, durante il recente Congresso della famiglia, le controparti hanno ritenuto indispensabile organizzare contromanifestazioni nelle medesime date e luoghi. Il caso della ex professoressa licenziata per aver contestato le forze dell’ordine in modo documentato e incontrovertibile (partecipava ad una contro manifestazione non autorizzata per protestare contro idee di altra manifestazione in corso) restituisce il polso della situazione. Si è smarrito il buon senso, la capacità di ascolto e l’accettazione che possano esistere idee diverse dalle proprie, al punto da non comprendere quanto un tale modo di agire sia in ogni caso diseducativo verso le generazioni più giovani.
Salone del Libro di Torino
Accade in questi giorni al Salone del Libro di Torino dove gli appartenenti ad una certa corrente ideologica hanno dichiarato pubblicamente di non partecipare vista la presenza di un editore di linea editoriale (e quindi ideologica) avversa.
Pacifica coesistenza
Col buon senso di Peppone e Don Camillo
In ambito religioso la questione sembrerebbe demarcarsi in modo più netto. Ma un comportamento rispettoso non implica alcuna rinuncia a sé stessi e alle verità ritenute valide. In politica come in religione, il confronto rafforza la coerenza rispetto a ciò che si testimonia. Violenza e intransigenza non rappresentano una convinzione maggiore.
Esperienze personali
Non esprimo mai pensieri politici, non è il mio interesse. Piuttosto, esprimo pensieri che abbiano a che fare con l’umano e il sociale. La tendenza è quella esposta prima, chiunque tende a identificare gli altri solamente con l’appartenenza a qualcosa. Lo ritengo un modo riduttivo. La persona estrinseca sé stesso, tutto se stesso, in una appartenenza. Ridurre il tutto solamente alla bandiera è solo una comoda sintesi che evita il confronto e il pretesto per uno scontro più che verso una possibilità. E’ la negazione della speranza di qualsivoglia cambiamento.
Il falso “condividi”
I social consentono di condividere espressioni o media postati da altri. E’ un metodo semplice per esprimersi tramite le parole di qualcun altro. Non tutti hanno la stessa dialettica, d’altronde. Ma il punto non è questo: Tale modalità, nel suo abuso, impigrisce. Si finisce con l’aderire ad un pensiero, addossando “la responsabilità” a qualcun altro. Viene così meno lo sforzo di spiegare perché la si pensa in un modo anziché in un altro. Il risultato, spesso, è un’adesione poco consapevole, puramente per assecondare “il fiume ideologico” in cui ci si trova per caso o per convenienza.
Il bavaglio
L’intransigenza ha portato alla convinzione che i fautori di un pensiero contrario al proprio devono essere oscurati, zittiti, o allontanati. Si oscurano simboli, si pretende di concedere meno spazio di libertà espressiva e si allontana chi la pensa in modo diverso. Mi sono trovato a discutere, spesso garbatamente e con grande reciproco rispetto, con molte persone di pensiero diverso dal mio. In altri casi limite, sono stato aprioristicamente tacciato con alcuni appellativi che non ripeto (appellativi classificatori, c’è sempre bisogno di etichettare ciò che non si capisce) e addirittura “bloccato” in un social. Lo ritengo manifestazione di insicurezza del proprio pensiero.
Ogni idea merita il filtro della propria coscienza. “Siamo uomini o caporali?”

Pace e Bene dalla “corda pazza”