Ninetta Pierangeli, docente di lettere e scrittrice, con il suo romanzo “Asperger” affronta un tema molto delicato, raro nel complesso quadro di un romanzo.
Il coraggio
Rispettosamente, non voglio addentrarmi nel raccontarvi la storia (o meglio le storie) che si intrecciano nel romanzo, dato che qualunque forma riassuntiva comprometterebbe ogni scelta dell’autrice (linguaggio, tecnica, narrazione, contenuti, ecc.). Piuttosto, mi preme sottolineare, al di là di tutto, il coraggio. Potrebbe suonare strano usare questo termine e invece, a mio avviso, è esattamente quello che mi rimbalza nella testa quando vengo a conoscenza di questa pubblicazione. Oggi è scomodo parlare di “patologie della testa”, il sistema sociale in cui siamo immersi preferisce puntare i riflettori sulle capacità e sul successo degli individui. Molto spesso ci mostrano le malattie come costo sociale da sostenere e mai come uno degli aspetti dell’essere umano. Intendo dire come uno degli aspetti “normali”, semplicemente come una delle infinite varietà di come può essere una persona. Il solo termine patologia finisce col differenziare, distinguendo i sani dai malati. E se invece fossimo tutti variazioni dello stesso tema?
Rieducazione
Quando si affronta l’argomento, la direzione che spesso si prende è quella della rieducazione del soggetto, dei suo inserimento o reinserimento. Oggi, mi accodo all’idea di Ninetta Pierangeli e preferisco pensare che ad essere rieducati, forse, potrebbero essere tutti gli altri, tutti noi, affinché possa essere possibile “vedere” ciascun altro come un simile piuttosto che come un diverso, o peggio, come uno sbagliato.
Il diritto all’esistenza
Mi piace pensare che qualunque essere vivente abbia un diritto sacrosanto all’esistenza, ad un’esistenza in cui possa sentirsi libero di essere sé stesso, di manifestarsi e proporsi secondo le proprie peculiarità.
Il romanzo di Ninetta Pierangeli
Apprezzo, pertanto, la modalità prescelta per affrontare un tema delicato, quello che viene ritenuto un dramma, trattato con semplicità e ironia. Chi può dirsi oggi “normale”, cosa definisce appieno la normalità e di conseguenza la correttezza dell’Essere?
Rosario Galatioto