Medley onirico
Questo è un medley onirico. Ti Stiamo passeggiando ma l’orizzonte è grigio, si prevede un temporale. Passeggiamo ancora, arriva aria di tempesta. Vedo nuvoloni. Poco tempo, oppure molto non saprei dire e vedo dei zig zag nel cielo davanti a me. Le linee dei fulmini seguono traiettorie poco prevedibili, procedono con quella casualità nota sola al divino.
Fulmini
Fulmini, le punizioni per gli abitanti del pianeta, rabbia di fuoco, ira punitiva che si scaglia su ignoti prescelti. Quegli addensamenti grigiastri mi si configurano adesso con volti umani, come se il cielo avesse nuovi residenti con poteri più elevati. Mi sembra un sopruso, sento interiormente una rabbia per questo alto palcoscenico concesso a miei pari. Sento anche come un nuovo vigore, la lotta agli dei non è mai stata semplice, ma la levatura umana emerge quando non ci si nasconde, quando si può anche soccombere con il petto rivolto al nemico. Mi sento nel giusto e affronto quei volti stagliati nel cielo. La vittoria non riguarda solo la battaglia esterna, se ne svolge un’altra più importante dentro sé stessi, combattere anziché volgere alla resa.
Mare
Siamo in mare, nuotiamo e sento freddo. Stessi nuvoloni di prima, un grigiore a cupola che sovrasta implacabile. Abbiamo un compito, trasportare a nuoto un contenitore di chissà cosa per il mare, agganciarlo ad un nuovo trasportatore. Sembra merce importante, forse persino pericolosa. E’ il nostro lavoro, siamo in due, io e un collega. Ci tocca il mare, anche se c’è freddo. Siamo in due, trasciniamo a stento, nessun altro ausilio. Arriviamo allo scopo, il trasportatore è una sorta di siluro nero, filerà di certo come un razzo e la merce arriverà dove è destinata.
Invasione d’acqua
Ci ritroviamo noi stessi dentro un contenitore, chissà perché. Merce anche noi, oppure come fossimo merce, oggetti senz’anima riconosciuta. Siamo dentro e galleggiamo, non vedo l’ora, per quanto mi riguarda, di essere fuori. Guardo in alto, vedo il bocchettone d’ingresso sopra la mia testa che è stato chiuso. Guardo gli oblò sui fianchi e noto che siamo improvvisamente sott’acqua. Molteplici sensazioni come se non facessi mai in tempo a focalizzane una che ne sovrasta una ulteriore. Siamo ancora dentro ma tutto è invaso dall’acqua. Nuoto dentro un contenitore eppure respiro. Niente apnea per fortuna. I riferimenti cambiano in continuazione, adesso noto che il contenitore si è inclinato, un altro bocchettone sulla parte superiore risulta aperto ed entra aria. Nessuna certezza di uscirne, nessuna fine all’orizzonte. Viviamo una stabilità sospesa, precaria.
Mi rigiro nel letto, è la parte più bella della notte: risvegliarsi appena, sentire il Tuo corpo caldo intrecciato al mio e sapere che ci sei, qualunque sia la realtà.