L’occhio di Facebook
L’occhio di Facebook è una mostruosità ancora più sofisticata del “grande fratello” di Orwell che ti osserva. Nel celebre romanzo pubblicato parecchi decenni or sono, le telecamere per controllare la gente si trovavano posizionate in ogni angolo della strada, negli uffici, e persino dentro lo schermo del televisore. Il protagonista, per non essere inquadrato nei soli pochi istanti in cui non avrebbe destato sospetto, cercava il cosiddetto “angolo morto” della stanza, quel minuscolo spazio in cui per un attimo poteva non trovarsi sotto lo sguardo indagatore.
Oggi
La tecnologia, oggi, ha affilato le armi in un modo più subdolo. Ma ciò è noto. Ne parliamo giusto appena per ricordarcelo ogni tanto. In massa abbiamo scelto “liberamente” di avere uno smartphone (è comodo), di possedere bancomat e carte di credito che tracciano i nostri movimenti di denaro ma al tempo stesso selezionano i nostri interessi e dove ci troviamo in un dato momento. Abbiamo anche scelto di condividere i nostri pensieri sui social, Facebook, sulle cime di questo tipo di scelta.
Social: la maniera più strana per essere presente nel mondo. La cosa iniziò in sordina: cercare parenti e amici sparsi per il mondo, poter conversare, riallacciare i contatti smarriti. E’ stata un’adesione spontanea, un’adesione quasi di massa. Dico quasi, perché qualcuno resisteva, io fra questi. Come è naturale nei dialoghi fra persone care (parenti e amici) cominciarono ad essere postati foto personali, poi foto familiari e così via. Dai fatti delle vita, si è passato ai fatti (che riguardano sempre la vita) sociali, socio-politici e religiosi. Come diceva un mio amico, per andar d’accordo, il consiglio sarebbe evitare gli argomenti di politica e religione.
Non sono d’accordo
Non sono esattamente d’accordo con questo avvertimento. La vita riguarda tutto, a trecentosessanta gradi. Impossibile evitare degli argomenti, pena essere, nelle omissioni, degli ipocriti. Piuttosto, sarebbe da cercare l’equilibrio e la moderazione nel porsi.
Politically correct
Dietro l’ondata irrefrenabile degli insulti e di ogni becera manifestazione dell’animo umano (il peggio arriva in ogni dove), il proprietario di Facebook (al pari degli altri social), per non avere controversie legali, ha adottato la politica del “politically correct”. Il punto rimane: chi decide cosa è giusto o meno opportuno? A casa di Facebook, ovviamente decide Facebook.
Criteri di Facebook
I criteri di Facebook non hanno equilibrio, appaiono impostati sulla tendenziosità. Ciò è noto. Ma questa volta, piuttosto che parlare di fatti altrui parlo di quelli che mi riguardano più da vicino. Primo caso: nell’occasione della festa del papà, la mia compagna ha pensato bene di aggiornare la foto del profilo con la foto da aviatore del suo papà. Nessuna divisa, solo la tuta da aviatore. Risultato: momentanea sospensione del profilo. Questo contenuto non risultava consono. Secondo caso: un paio di settimane fa, ho postato il discorso di un europarlamentare a Bruxelles sul tema immigrazione incontrollata. Preciso: un europarlamentare che con toni pacati ed educati manifesta il suo pensiero in materia. Facebook ha oscurato il post. Questo fatto accade parallelamente anche alla mia compagna. Terzo caso: la mia compagna riceve un insulto: segnala il caso a facebook. Risultato: si consiglia semplicemente di bloccare la persona. Quarto caso: ricevo un insulto anche io: “brutto ritardato!” per l’esattezza. Il mio era un innocente commento pacato, educato, sereno su una canzone cantata ad Xfactor. Segnalo a mia volta. Facebook mi consiglia di bloccare il tizio. Reitero la lamentela. Facebook insiste: mi consiglia di bloccare il tizio. Quinto caso: altro commento su un brano di xfactor: i miei restano commenti pacifici, pure esternazioni molto attente a non offendere mai nessuno. Questa volta mi becco un “terrone di merda!”. Procedo anche in questo ennesimo caso a segnalare a Facebook l’insulto palesemente razzistico. Facebook, ancora una volta, non ritiene di procedere. Ma allora quando Facebook, a casa sua, penserà di tutelarmi? Il suo asset e’ solo un fatto politico, e solo di una certa politica?
Contraddizioni
Mi capita quindi di ricevere insulti, leggere bestemmie, vedere immagini blasfeme, vederne altre che vanno molto oltre i limiti della pubblica decenza. Vedo vignette di grave incitamento all’odio, politici mostrati impiccati come se nulla fosse, altri sul rogo, altri ancora offesi nella persona più che negli atti compiuti. In tali casi, mi domando dove sia il censore.
Shadow ban
Meglio noto come oscuramento. Quand’anche il social non interviene in maniera palese, lo fa di soppiatto. Oscura la visibilità dei post “non graditi” (per quanto educati e non offensivi) al sistema rendendola accessibile solo a poche casuali persone. Di colpo, ci si accorge che cala la media di riscontro e visibilità. Si ha la vera e propria percezione di una censura subdola, prima nei fatti ma soprattutto psicologica.
Libertà coartata
E’ forse libertà quella che induce a non esprimerti liberamente, seppur nella pacatezza dei toni e dei modi? Diamo pure la colpa al sistema, al governo, a chi detiene il potere. Certamente, potremmo dire che essi sono i mandanti di questo “silenziamento forzato” o come ebbe a dire di recente quel diabolico Soros, di questa “rieducazione dei popoli” secondo schemi prescelti, ma a chi appartiene “la mano armata”?
Guardate un po’ l’occhio che vi segue, l’occhio di Facebook.
Una corda pazza social.