Siamo in emergenza, non c’è dubbio. Ma soprattutto nelle situazioni di emergenza è necessaria la chiarezza. Il balletto delle disposizioni non aiuta di certo.
Lo start
Siamo partiti male, questo ormai è pacifico e non c’è da ricamarci ulteriormente. Mentre si disse “chiudiamo subito”, qualcuno parlava ancora di lieve raffreddore, qualcun altro faceva apericena, altri ancora dicevano che i virus da combattere erano altri. Lasciamo perdere: ciascuno soffocato dalle proprie demenze.
Il proseguo
Dalla fine di gennaio ad oggi si sono susseguiti una miriade di disposizioni. Chiaramente si adattavano alla contingenza del momento. All’individuazione delle prime zone rosse, rimanemmo scioccati. Un provvedimento necessario. Nelle aree del nord, uffici chiusi e scuole chiuse. Poi, in un angosciante week end, tutto il territorio nazionale fu uniformato alle misure già applicate. Era necessario. Poi altri ancora, sempre nei fine settimana, causando gli intasamenti dei centralini delle istituzioni.
Che strumenti
Certi strumenti sono previsti dalla legge. Il Decreto Legge (DL) esiste per agire nell’immediatezza. Provvederà poi il Parlamento a ratificare entro sessanta giorni. C’è anche la possibilità del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), quello di cui Conte fa largo uso. Ogni tipo di Decreto permette di regolamentare in tutta fretta. L’emergenza che stiamo vivendo è di fatto una emergenza seria. Ma dopo i primi provvedimenti adottati d’urgenza, Il Presidente del Consiglio dei Ministri, non foss’altro che per una questione di opportunità, potrebbe confrontarsi, riferire, lasciare che al timone della nave in tempesta non sia solo. Esiste un Parlamento, espressione del Popolo, c’è un Presidente della Repubblica che rappresenta l’unità di un popolo.
Le modalità
In questi giorni assistiamo ad un continuo lancio di notizie, tra un triste bollettino e l’altro; poi spasmodiche attese delle autentiche misure adottate. Tutti incollati ad ogni ora alla tv ad aspettare conferme o smentite. Lavoratori e aziende non sanno cosa fare. Dopo la chiusura di alcuni uffici pubblici e delle scuole, il caos. L’ultimo weekend lo abbiamo trascorso a capire chi potesse lavorare e chi no. E poi con quali modalità. Le regole e le eccezioni. Dopo l’ennesimo lunedì di fuoco in cui i cittadini chiedevano oggi cosa fare e come farlo, ecco oggi un altro annuncio: cambia l’elenco delle aziende che rimangono aperte. Si preannuncia già dal primo pomeriggio l’intesa fra Conte e sindacati su quali “codici Ateco” (codifica delle tipologie produttive) saranno ammessi a continuare la produzione. Inoltre, si avvisa che la modifica sarà operativa già da domani. Da domani? Sto scrivendo questo post dopo le diciotto e ancora l’elenco non si vede.
Il punto della situazione
Per capirci. A che ora, dunque, il titolare di un’azienda potrà stasera comunicare ai propri dipendenti che si chiude? E come? Telefonando a ciascuno singolarmente? Oppure usando i social come è abituato a fare il nostro Presidente del Consiglio? E dato che a quest’ora i dipendenti sono andati a casa, domani chi provvederà agli atti amministrativi, per esempio per le casse integrazioni? Forse si è dimenticato che le piccole aziende non hanno avuto ancora la possibilità di adeguarsi allo smart working.
Regolamentare non è un gioco. I balletti lasciamoli ai teatri.
Rosario Galatioto