Avevo degli amici, man mano che crescevamo, ciascuno di noi maturava, come è giusto che sia, una propria coscienza civica. Dibattevamo, discussioni franche, il confronto ci ha aiutato a crescere e ad acquisire una certa consapevolezza di sé. Questo accadeva tanto tempo fa, poi venne l’era dei social, quella in cui il dialogo si chiama sempre dialogo ma è una finzione, “teatro” si dice dalle mie parti.
Quei miei amici cominciarono a usare linguaggi standardizzati, belli a sentire, ma c’entrava poco con i loro atti. Si dicono disponibili, mai contro qualcuno, eppure, per quanto io abbia sempre usato un parlare educato, mi sono arrivati tanti insulti. Dicono che la diversità è una risorsa. Certo, son d’accordo, una bella considerazione dico io, sono a favore del dialogo e del rispetto, eppure molti utilizzarono il “blocco social”, dire “non sono d’accordo con te”, forse sembrava loro inelegante. Probabilmente, a quei miei amici piace parlarsi fra di loro, rincalzarsi sulle medesime idee omologate. Qualcuno di loro dice che che la cultura è importante, con la cultura si fa società, però quando io proposi un confronto pubblico sulle idee, li vidi girarsi dall’altra parte. Li ricontattai, ad uno ad uno, “facciamo un dibattito”, dissi; “per il bene della società”, dissi, “dialogare davanti alla gente è un modo per far maturare le coscienze”. Niente da fare.
Quando qualcuno di loro si impegnò in politica, si mostrò aperto al dialogo. Nessuna contrapposizione ideologica, dicevano, ma quando proposi di dibattere su un portale comune in cui confluissero idee maturate da esperienze diverse, mi proposero di smettere di usare il mio blog, che se avessi voluto, cambiando argomenti, avrei potuto scrivere sul loro sito e persino avere un maggior numero di lettori. “Peccato che io non cerchi pubblico”, dissi, “solo libertà di espressione”.
Cercavano la convergenza delle forze pulite del paese, dicevano che non avrebbero trascurato nessuna istanza, a loro potevano rivolgersi tutti, ma proprio tutti. Sostennero che non avevano alcuna intenzione di alimentare lo scontro sui social, addirittura misero in piedi una bella esperienza, quella di #odiareticosta per disincentivare l’insulto; ma quando mi rivolsi a quell’associazione per chiedere tutela a seguito agli insulti che avevo ricevuto, mi lasciarono perdere, io non meritavo protezione, non era un fatto gender, non mi dichiaravo di sinistra e neppure fluido. Nel momento in cui lo raccontai a quei miei amici, mi dissero “smettila di dire cazzate”.
Rilessi a uno ad uno i miei post, oggi questo è il 404esimo. Confermo ogni idea che ho espresso, questo blog è casa mia.
Quello è il tuo spazio, non hai nessun obbligo di giustificarti. Io penso che se non sono la soluzione allora non sono neanche il problema
Ciao cugino
Un abbraccio ! Grazie !