Giustizia suicida
Giustizia suicida: sembra questo il fenomeno in atto. La legge è uguale per tutti. Questo concetto è rappresentato da una figura femminile che reca in mano un bilanciere che deve essere mantenuto in equilibrio. Per converso potremmo dire: “mai due pesi e due misure”.
Governo e giustizia
Non a caso si è voluta la separazione dei poteri nella nostra costituzione: chi governa gestisce la cosa pubblica e manda avanti “la baracca” nel migliore dei modi; al tempo stesso il parlamento legifera, adegua la norma seguendo l’evolversi dei tempi. Non meno importante è il compito della giustizia. Applica la legge e si rende depositaria, di fronte a tutti i cittadini, delle regole che si sono stabilite. E’ l’emblema dell’equità nel vivere sociale. Accettare di creare una società e viverci dentro, ovvero convivere, è un meccanismo che si fonda sull’imparzialità. Cediamo qualcosa, ci priviamo di una parte del nostro libero agire, per i vantaggi che derivano dal mettere in comune.
La responsabilità della giustizia
Amministrare, pertanto, la giustizia non è cosa facile. Il giudice, nel farlo, deve comprendere a fondo le motivazioni che sottendono alla norma, ha l’arduo compito di comprendere ciò che ha spinto i legislatori a prevedere una specifica norma o un insieme di esse per applicarle secondo il fine per le quali sono state create. E se si creasse uno scollamento? Se i giudici smettessero di capire il dibattito politico che precede un’approvazione e successiva promulgazione? Se non adeguassero il loro giudizio alle ragioni che stanno alla base del vivere sociale?
Aberrazioni della giustizia
In questi casi, si manifesta lo stallo, fatto, a mio avviso, ben più grave di amministratori che mal governano. Il limite più grave della giustizia è la svuotamento del significato della norma.
Interpretazioni politiche
Di recente, la Corte di Cassazione è intervenuta su uno specifico ricorso con una sentenza senza precedenti anche nelle motivazioni. Il caso riguarda un cittadino pakistano che avendo chiesto l’asilo politico in Italia se lo era visto rifiutare dato che nel suo paese non ci sono conflitti. La Sentenza emessa, ribaltando l’iter burocratico che aveva applicato la norma in essere, da’ ragione al cittadino pakistano in quanto i giudici, per negare il diritto d’asilo devono “dimostrare” l’insussistenza dell’effettivo pericolo per il soggetto da rimpatriare. Attività, quindi, impossibile. Sarebbe come dire: esiste la norma ma la si disapplica SEMPRE. La medesima Corte di Cassazione ribalta la procedura, sempre in tema di richiesta di diritto di asilo, anche per un cittadino della Costa d’Avorio. Detta persona, ricorre affermando che, pur essendo sposato e padre di due figli, ha una relazione omosessuale e teme ripercussioni.
L’onere della prova
Appare strano il modo di interpretare la giustizia nei casi citati. Colui che avanza una richiesta deve motivarla ma dovrebbe al tempo stesso documentare ciò che avvalora la posizione sostenuta. La Corte di Cassazione ribalta l’iter procedurale.
Il caso del cieco al volante
Nel 2017, a Rimini, una persona quasi cieca alla guida di un veicolo ha travolto due sorelle sulle strisce pedonali e non le soccorre neppure. Il tribunale lo assolve a seguito della documentazione che attesta la sua quasi totale cecità. Null’altro. Nessun accertamento del come avesse ancora la patente, nessuna responsabilità contestata al proprietario del veicolo (la madre dell’investitore).
I cavilli della giustizia
Promulgata la legge sulla legittima difesa, a Monterotondo, il giovane che ha sparato al ladro che si è trovato di fronte in casa armato di spranga, subirà ugualmente un processo (con i noti elevati costi di difesa) per “eccesso colposo di legittima difesa”. La motivazione si fonda sulla “vacatio legis” ovvero quel periodo di 15 giorni intercorrenti fra la promulgazione di una legge da parte del Presidente della Repubblica e l’effettiva entrata in vigore. Nella situazione pratica, nonostante la norma approvata e promulgata tuteli i casi simili a quello accaduto proprio allo scopo di evitare il paradosso di passare da vittima a processato, con tutti i costi, psicologici e economici, che il fatto comporta, il giudice si appella al cavillo che rende giustizia più al ladro aggressore, inconfutabilmente reo, che alla vittima che si difende.
Quando il corso della giustizia esonda dagli argini
Che valore ha una siffatta giustizia? Questi sono solo alcuni dei casi in cui, attualmente, in Italia, i vari livelli della giustizia (dal tribunale ordinario alla Corte di Cassazione), i giudici travalicano dalle loro precipue funzioni. Viene meno la separazione dei poteri su cui si erge il principio democratico. Viene meno proprio la l’esplicitarsi della democrazia.
La demonizzazione dei regimi totalitari
I regimi totalitari, è pacifico, risultano oppressivi. Nulla quaestio. Oggi si “tende” a demonizzare i partiti di destra, quasi come se l’aspetto totalitario fosse di loro esclusiva competenza. Si rammenta che il comunismo è stato totalitario con altrettanto vigore e continua ad esserlo nei paesi fondati su di esso.
Reati
Leggo di stupri, di cronaca nera, di reati di ogni tipo. Criminali che la legge deve processare e condannare. Leggo, però, molto spesso, che dal crimine e criminale si passa all’appartenenza o militanza in gruppi, associazioni o partiti, come se la colpa dipendesse da un’idea piuttosto che dalla devianza personale. L’atto criminale compiuto mi scuote sempre, qualunque esso sia e verso chiunque, persone o animali. Criminali sono sempre i singoli non le bandiere. Il crimine e’ crimine in ogni caso, non ha colore politico.
Responsabilità penale
“La responsabilità penale è personale”, ricorda ancora il codice penale. Del crimine risponde il singolo o l’associazione dei singoli che li commettono e vanno fermati, possibilmente anche con attività di prevenzione adeguata. Vanno processati e condannati. L’esecuzione della pena, poi, deve essere anche certa. Perché questo vogliono i cittadini.
A proposito di prevenzione
Leggo anche di una lettera aperta rivolta alle autorità perché un Questore non ha concesso di “contro manifestare” mentre era in corso un corteo precedentemente autorizzato. Non cito ne’ città ne’ le fazioni coinvolte. Cito semplicemente il caso: la prima delle due manifestazioni si e’ svolta ma nel mentre, l’altra fazione, non soddisfatta del divieto, NONOSTANTE il divieto, procede lo stesso con la contro manifestazione. Neanche il caso di dirlo: tafferugli e la polizia che interviene. Si grida tanto al rispetto e alla giustizia, alla necessità di prevenzione: nei casi in cui lo Stato, autorità deputata a garantire la pacifica convivenza, interviene correttamente, ci si comporta come depredati di un diritto. Sembra che la sola giustizia che conti sia la propria. I motivi di sicurezza rimangono importanti. Nessuno ha più diritto di altri. Questo impone la civile convivenza. Lo prevede persino il Codice della strada. Se la strada e’ stretta, prima passa uno, poi l’altro. Se si prevede il diritto di asilo indiscriminatamente, perché non diventiamo tutti liberi di circolare ovunque? Niente controlli per nessuno, niente passaporti ne’ impronte, niente regole. Anarchia?
Se la bilancia della giustizia comincia a pendere da un lato, vorrà dire che essa si e’ suicidata.