Giustizia Rossa
C’è una giustizia rossa in Italia. Montesquieu ci parlava della separazione dei poteri affinché si realizzasse la democrazia. Semplice: Indipendenza del potere legislativo (Parlamento), esecutivo (Governo) e Giudiziario (Magistratura) affinché il “potere” non sia concentrato nelle mani di una persona gruppo ristretto.
Governo e Parlamento italiani
I primi due poteri vengono fuori in ogni caso da un’espressione di voto dei cittadini: in un certo senso, il controllo democratico è ben ancorato nelle mani del popolo che può dare segnali (giochi di potere a parte).
La magistratura
La magistratura italiana è un caso a parte. La carriera in ambito giudiziario è direttamente gestita dallo Stato: si accede per concorso pubblico e i giudici, al pari di ogni altra carica pubblica, giurano fedeltà alla Repubblica e alle sue leggi. Inoltre si “distacca” dalla politica, essendone inibita l’attività proprio per una garanzia di non mescolanza dei poteri.
Giudici
I giudici sono coloro che applicano la legge, ci rivolgiamo ad essi per chiedere giustizia nei casi un cui subiamo un torto, incarnano un potere supremo dello Stato, prima appannaggio di Re e imperatori. I cittadini reclamano in ogni tempo della storia del mondo, equità e imparzialità. Gravosa, pertanto, rimane l’attività del giudice, al quale si chiede, oltre che una buona conoscenza delle norme e una ferma capacità ad interpretarle correttamente, anche quell’elevato livello di saggezza che compensa in quel piccolo spazio di discrezionalità che sussiste in ogni circostanza.
Falcone e Borsellino
Falcone e Borsellino: due giudici che diedero lustro alla magistratura che in quel periodo toccò l’apice della credibilità delle genti. Due magistrati che fecero del loro lavoro, la loro vita in senso pieno, finendo martiri nella lotta alla mafia e ad ogni corruzione. Due esempi di persone che con il loro apporto e dedizione riescono a trasformare la società, frenando l’avanzata del marcio. Due singoli, eppure due uomini che ci hanno mostrato il lato autentico della possibilità del vivere civile. Nella toga che indossavano ci misero la faccia, poi la loro vita intera e quella della loro famiglie, fino all’estremo sacrificio.
Degenerazione giudiziaria
Viviamo un’ epoca grave: quell’ossatura dello Stato incarnata dalla magistratura, che dovrebbe garantire l’equità, vacilla e si sgretola. La bufera nel Consiglio Superiore della Magistratura (organo autonomo) con dimissioni e sospensioni, non rappresenta altro di come l’ingerenza politica sia riuscita a incancrenire quella giustizia a cui tutti guarderemmo con rispetto e attesa di un pò di giusto in questo mondo.
Magistratura malata
La magistratura pretende protagonismo politico e nel frattempo non funziona. Assistiamo ad una magistratura sempre più indulgente verso chi delinque e sempre più sfavorevole verso il cittadino comune. La nuova norma sulla legittima difesa della presunta vittima ha incontrato la resistenza equivoca di questa magistratura. Altro caso di indulgenza riguarda l’immigrazione clandestina e il tentativo politico di porre un argine. Anche in questo caso, l’eccesso ideologico prevale capziosamente sulla norma da applicare. La politica, pertanto, gioca su più tavoli servendosi delle toghe per pilotare consensi o per frenare ascese politiche avverse. Le sentenze, nel corso del tempo, pesano in diversa misura a seconda del colore politico con una propensione sempre favorevole su un determinato colore e molto meno sugli altri. Negli ultimi tempi, l’intralcio sulle azioni di governo si è fatto sempre più evidente creando una netta prevaricazione dei ruoli.
Assistiamo ad una giustizia senza specchio che non si giudica. Vorremmo un colore neutro su quei scranni, quanto meno un neutro politico.
Una corda pazza indignata.