Con l’arrivo della bella stagione e dopo questo lungo periodo pandemico, mi accorgo che l’accoglienza nel nostro paese non è del tutto scontata. Le strutture ricettive non sono tutte quante “Dog Friendly”. Perché mai?
Forze dell’ordine
Una volta tanto, devo ammettere che da un punto di vista concettuale, le istituzioni del nostro paese sono un passo avanti. Nelle Forze dell’Ordine, ad esempio, la coppia operatore di sicurezza/cane si chiamano “unità cinofila”. Sembra una banalità, mentre invece è una sottolineatura molto importante: il binomio uomo/animale costituisce un’unità inscindibile. L’operatore umano non svolgerà altri servizi senza il suo compagno per tutta la durata in servizio dei due. Più di un matrimonio, questo binomio è considerato assolutamente inseparabile.
Compagno
Come è noto, il cane, più di ogni altro animale è il compagno più affezionato all’essere umano che lo accudisce. Se potesse scegliere, vivrebbe sempre in totale simbiosi ogni istante dell’esistenza. Questo nostro vivere “civile”, invece, molto spesso sospinge la separazione come se fosse “normale” o persino “ovvio”. Pertanto, nel nostro paese non è ancora del tutto diffuso (ove fosse tecnicamente possibile) che il cane accompagni il suo compagno umano anche sul luogo di lavoro e ovunque.
#ionontiabbandono
Le campagne da un pò di anni a questa parte hanno ridotto, per fortuna, il triste fenomeno dell’abbandono estivo del proprio animale domestico. Ma non su tutto il territorio nazionale, questo tipo di sensibilità si è diffuso in maniera integrale. Molti territori, ad esempio presentano, un tasso di randagismo ancora elevato e ingiustificato.
Hotelerie
Ma cosa accade nelle strutture ricettive d’Italia? Alcune si dichiarano “dog Friendly”, altre, al contrario “unfriendly” e non gradiscono la presenza dei compagni a quattro zampe. Riguardo a quest’ultimo caso, il mio parere è che (se la struttura tecnica lo consente ovviamente) il titolare non ha ancora maturato in seno a sé stesso la considerazione che questo è un segno di ingiustificata discriminazione. Nonostante tutto, c’è sempre il tempo per elaborare meglio questa riflessione. Peggio, invece, a mio parere, riguardo alla strutture che scrivono sul proprio sito “animali ammessi” e poi richiedono un pagamento suppletivo per il tipo di “accoglienza” particolare. In tal caso, sembra che si tratti di una finta sensibilità di superficie: si ammettono gli animali perché così tira il vento, non perché si tratti di una cosa “ovvia”. Il pagamento suppletivo appare come ulteriore atto discriminatorio proprio da parte di chi si dichiara “Friendly”.
Questione di stile
Non lo reputo un servizio extra, semplicemente. Sarebbe come chiedere un supplemento per la culla, o perché l’hotel si è dotato di adeguati strumenti che abbattono le barriere architettoniche. Non tutti hanno animali domestici con sé: è sufficiente che il servizio di pulizia pulisca bene “in ogni caso”. Non si paga in più se si lascia un pannolino pieno di pupù nel cestino, e al pari, non si paga in più se si è accompagnati dal proprio compagno a quattro zampe.
Un colpo alla botte
Chi lavora oggi nel settore della ricettività mi ha già fatto notare che accade che qualche “ospite” abbia rosicchiato i mobili. Ora, il punto è che, se da un lato penso sia giusto che tutti gli alberghi che possono farlo dovrebbero “allargare” il tipo di accoglienza che offrono, dall’altro, coloro che frequentano un luogo non privato, dovrebbero sempre essere adeguatamente educati e rispettosi dell’ambiente in cui si trovano, a prescindere dalla loro situazione specifica.
Buona accoglienza a tutti!