Cosa dicono di noi nell’Eurozona? Perché tanto astio da Bruxelles di fronte alla situazione emergenziale in cui ci troviamo?
Il debito pubblico
Il nodo cruciale riguarda il debito pubblico italiano, oggettivamente troppo elevato. In particolare, dato il Trattato di Maastricht, il rapporto debito/PIL non dovrebbe superare il 60%. Giusto per capire meglio, se un paese, in un anno ha una produzione complessiva di ricchezza pari a 1000, non dovrebbe superare un debito pubblico (da coprire con emissioni di titoli comprati all’interno anche all’estero) di 600, la qual cosa che riesce ai paesi del Nord Europa, ma non a noi. Attualmente, detto rapporto è arrivato al 161% e non è previsto che possa scendere sotto il 145%.
Storia del rapporto Debito pubblico/PIL
Un breve riassunto di quanto accaduto nei decenni può aiutare meglio a capire, il disagio estero nei nostri confronti. Il sopradetto rapporto era del 30% nel 1950, arrivò al 40% nel 1970, toccò il 60% nel 1980. L’euforia del boom economico, piuttosto che migliorare i nostri conti, fece addirittura raddoppiare questo importante indice, riportandolo alla situazione dell’immediato dopoguerra. Vent’anni successivi per ritornare dentro i ranghi del 100% per poi riesplodere dal 2011 in poi, anno in cui si toccò il 135%.
Il contesto
Perché dopo svariati governi Berlusconi (a guida Tremonti dell’economia) in cui si era riusciti a scendere sulla soglia del 100%, si è poi ritornati ad un rapporto così alto? Va ricordato che nel 2008 si verificò la cosiddetta Grande Crisi economica mondiale. L’euro era destinato ad una fine prematura se non fosse stato per l’intervento fuori dalle righe di Mario Draghi, allora Presidente della Banca Centrale Europea che cambiò l’interpretazione del suo ruolo.
L’inflazione
I tedeschi odiano l’inflazione dopo l’iperinflazione che li colpì nel 1923. Pertanto, pretendono l’applicazione rigida del controllo del denaro in circolazione per tenere l’inflazione sotto 1,5% (tasso di crescita del costo della vita assolutamente fisiologico), come previsto negli accordi del Trattato. Dal loro punto di vista, ogni ulteriore immissione di denaro in circolazione è mal visto.
Whatewer it takes
Mario Draghi, pur di salvare l’euro e i paesi dell’Eurozona, sovvertì il modo di agire di Trichet e mise in campo misure mai viste: un programma assolutamente espansivo dei QE (quantitative easing) tramite il quale fece acquistare dalla stessa BCE una grande quantità di titoli di stato emessi dai vari paesi europei (finanziando così il loro debito) e taglio dei tassi di interesse per rilanciare l’economia. Accadde così che l’economia europea fu salvata dal default imminente.
Visione estera
Nonostante la straordinarietà di quei interventi, Mario Draghi è visto come l’italiano, e come tutti gli italiani, secondo ciò che dicono di noi, “il à roulé dans la farine”, modo elegante per dire che come tutti gli italiani, egli ha fatto un grande teatro per ingannare tutti e portare acqua al mulino del suo paese di origine. Una cosa è vera: ha salvato il default dell’Italia. Un’altra cosa va detta, però. Ha offerto la stessa chance a tutti gli altri paesi. All’estero la definiscono un’operazione di maquillage per coprire le sorti italiane, ma in realtà occorrerebbe l’umiltà dell’ammissione che quella manovra salvò ben più di un paese.
Avversità germaniche
Perché tanta avversità dalla Germania? Pare che i tedeschi siano un popolo di età media avanzata. Le pensioni non sono particolarmente alte rispetto agli stipendi, ma ciascuno di loro ha guadagnato tanto da poter vivere integrando con rendite da capitale. Il taglio degli interessi attuato nell’ultimo decennio da Mario Draghi ha pertanto, “tolto” le rendite ai pensionati tedeschi. Questo è quanto accade ai singoli. Dal punto di vista dello Stato, invece, i bassi tassi di interesse hanno fatto risparmiare il 40% alla Germania che continua a ritrovarsi i conti più che a posto.
Rigorismo
Il rigorismo di quest’ultimo trentennio hanno fatto ben poco. Le patrimoniali di Monti a nulla sono servite se non a ridurre ulteriormente il potere d’acquisto degli italiani senza che questo contribuisse a risolvere la situazione dei conti pubblici. Una ricetta sbagliata, pertanto.
Il “J’accuse” estero
Il grande atto d’accusa verso gli italiani riguarda il chiedere finanziamenti del debito pubblico quando i singoli detengono una grossa fetta di risparmio. Inoltre, si guarda alla sussistenza ancora oggi di una economia sommersa che si ipotizza pari ad un 12% circa del Pil italiano.
Conclusioni
“Ils ont roulé dans la farine”. Così dicono di noi i francesi, osservando il fenomeno da lontano.
Il problema resta capire chi imbroglia e fa teatro, noi, singoli cittadini ridotti allo stremo? O piuttosto i nostri fallimentari governanti?