Identità

Ricerca identitaria

Nel millennio dell’omologazione, in un’era di grave smarrimento, si manifesta una corsa all’identità. Una corsa contraddittoria purtroppo. Da una parte pressioni per un annullamento a tutti i costi del proprio io in termini di autocoscienza profonda del sé creato, e non dipendente da noi (l’identità sessuale, l’identificazione secondo nascita è stata relativizzata; pare che quello di poter cambiare sesso come se nulla fosse sia  diventato il tormentone del momento), dall’altro una corsa a cercare una identita’ esclusivamente di carattere sessuale (l’altro tormentone pare sia “ho bisogno assolutamente di identificarmi con una categoria sessuale, mica quella stupida distinzione di maschio e femmina!”).

Ricerca identitaria

Il percorso che porta alla formazione di un carattere è cosa buona e giusta. La cosiddetta  ricerca identitaria finora ha riguardato fondamentalmente questo. Un giovane si formava, sceglieva modelli da seguire, i cosiddetti “maestri di vita”, consolidava il proprio modo di ragionare, per confronto o contrasto, attraverso il vaglio di comportamenti, pensieri, e ogni forma di arte comunicativa che trasmetteva una direzione verso un obiettivo, un fine ultimo. Perché alla base di tutto, ciascuno deve porsi le domande fondamentali dell’esistenza, quelle sulle quali, per millenni, ogni pensatore si è soffermato.

Le domande

Chi sono io? Quale è lo scopo della mia esistenza? Queste domande si sono come arenate. Il “chi sono io” si è fermato ad una identità che ha smesso di essere quella evidente. C’è stato un tempo in cui la moda era stata un’altra. Una moda molto anglosassone tendeva a farci identificare con la propria attività lavorativa. Nelle presentazioni informali fra persone, fra le prime domande compariva il noto “What do you do?”, ovvero di che cosa ti occupi nella vita? Il “chi sono io” era stato bypassato dal più comodo “di cosa ti occupi”. La propria scelta occupazionale poteva indicare il carattere, l’indole, e molte altre cose. Questa modalità non poteva essere certamente esaustiva. L’aspetto peggiorativo del fenomeno, peraltro, dipendeva dal fatto che in paesi in cui non ci si “sceglie” il lavoro, in cui si “lavora per vivere”, l’identificazione falliva inesorabilmente.

Categorie sessuali

Una volta, ci raccontano le generazioni precedenti alla mia, c’era Rai 1 e Rai 2. Il moltiplicarsi di emittenti televisive fu indice di miglioramento sociale, progresso. La stessa cosa con i gusti dei gelati e le pizze. Quasi come se la modernità, secondo un certo pensiero, sta nella moltiplicazione a tutti i costi. Perdonatemi, io mi classifico ancora “uomo”, mi piace il cioccolato e la pizza margherita. Roba da medioevo. “Bisogna essere fluidi” dice il pensiero dominante, pare si debba poter scivolare da un modo di essere all’altro. In questo marasma, pertanto, l’identificazione uomo/donna non basta più? Non è un punto fermo dell’esistenza? (per me E’ un punto fermo!). “Sono un uomo” mi sembra, per esempio, un primo approccio abbastanza esaustivo. Invece no, gli appartenenti a quell’acronimo di cui sopra, ci impongono l’identificazione tramite un “gusto sessuale”.

Gli autosessuali

Ultimo arrivo, perlomeno ultimo arrivo alle mie orecchie, sono i cosidetti “autosessuali”, ovvero coloro che, portando all’estremo il fenomeno narcisistico, si amano a tal punto da volersi sposare con sé stessi. (Sposare è un parolone che non va usato attenzione!). Gli autosessuali si amano. Mi dico che tutti quanti, serena mente, ci prendiamo cura di noi stessi. Qui accade qualcosa di più: l’autosessuale si ama a tal punto da guardasi e provare le cosiddette “farfalle nello stomaco”.

Buddha

Un mio caro amico, prima di scrivere queste riflessioni mi cita un passo di Siddhartha: “Quando un individuo si attacca a un credo o a una dottrina perde la propria libertà. Diventando dogmatico, ritiene che la propria dottrina corrisponda alla sola e unica verità e considera eretica ogni altra credenza.” Ho risposto che la verità, per definizione non può che essere una sola. Aderirvi rende liberi. E io mi sento tale, al di là di ogni mio limite. Non posso che testimoniare questo. Poi, la libertà di ciascuno di riconoscerla oppure no. Non mi identifico con una mia scelta. Semplicemente aderisco all’identità che è stata iscritta dentro di me.

Nuovo illuminismo

Mi sembra che sia tornato un nuovo illuminismo, questa volta decisamente peggiore. La pretesa è molto più forte, addirittura totalitaria. L’uomo pretende di autodeterminarsi, l’uomo non solo rinuncia a Dio, ma vi si sostituisce, si autocrea, determina i parametri dell’evoluzione della specie, pretende di selezionarla, e persino fa a meno di tutto il resto attorno a sé: l’uomo si autoama.

Mio zio Vito

Mio zio Vito è stato per me una fonte di saggezza spicciola che conteneva però i fondamenti dell’esistenza. Me le elargiva in dialetto. Pur perdendo parte del sapore uditivo, ne cito una nella sua traduzione in lingua italiana: “La testa, quando è vuota, permette che il poco che c’è dentro sballonzola di qui e di là“.

Saggezza di mia zia

Rosario Galatioto