All’inizio lo chiamarono “governo di larghe intese”, suonava bene secondo alcuni. Sapeva già di falso, di raggiro, di un assurdo politico di cui nessuno sentiva il bisogno. Chi faceva opposizione alla prevaricazione del pensiero unico ha smesso. “Combatto da dentro”, ha detto qualcuno. “Almeno posso indirizzare meglio gli atti del governo”. Pochi mesi e tutto questo camuffamento si manifesta come un vero e proprio “calare le braghe”.
Bianco o nero
Non sempre sono possibili le sfumature. Di fronte a certe cose, non esiste la mediazione. Una cosa la si approva o la si rinnega. Anzi, sui fatti importanti, ha più onorabilità soccombere mantenendo la libertà del proprio pensiero, piuttosto che vantarsi di “partecipare all’attività di governo”, se questa è becera. Risultato? Si perde la fiducia della gente.
Responsabilità
Si è tanto abusato di questa parola svuotandola del suo significato. Responsabilità appunto, quella di non aver raggiunto gli obiettivi preposti ma peggio, di non essersi più battuto per essi. Che valore ha, pertanto, stare al governo? Non si può dichiarare di opporsi a qualcosa che al contrario passa e accade appunto con la responsabilità collegiale del Consiglio dei Ministri a cui si appartiene. Non essere d’accordo presuppone coraggio, fino all’estrema conseguenza di fuoriuscire dalla compagine che passerà alla storia per le gravità perpetrate verso l’umano.
Il male
Il male è male e non deve giustificarsi perché non ha mai promesso diversamente. Il finto bene è peggio, illude e si rivela tardi per quello che è. Allora ci si domanda perché calare le braghe? Incapacità o finta opposizione? Il male può trovare persino redenzione ma il finto bene, quello che dimostra di non aver capito la gravità del problema, non può sperare neppure in quello.
La gente non è stupida: capisce e si ricorda. Odia di più il calare le braghe perché esprime il disonore che diventa peggio della cattiveria stessa da cui ha origine.