Twitter di Roberto Speranza
“Le nuove linee guida basate sull’evidenza scientifica, prevedono l’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico in day hospital e fino alla nona settimana. E’ un passo avanti importante nel pieno rispetto della 194 che è e resta una legge di civiltà.”
Bugie di civiltà
Sarebbe da capire quale sia esattamente il passo avanti. L’unico vantaggio è per lo Stato che spenderà di meno per assistere le eventuali donne abortiste in quel momento. Null’altro. Personalmente, non ci vedo alcun passo avanti. Al contrario, vedo un atteggiamento di deresponsabilizzazione a trecentosessanta gradi. Come dire, “Tu mi hai chiesto la pillola abortiva, io te la do; poi ognuno per la propria strada, succeda quel che succeda.”
Contro la barbarie, la verità
“La verità rende liberi”, si diceva. Esattamente quello che andrebbe fatto. Invece questo governo animato da fanciullesca esaltazione, spinto dalle istanze LGBT (non dalle autentiche femministe, ovvero da coloro che vogliono il bene della donna), ha ben pensato che in questo modo si sia fatto un “passo avanti”, che la donna abortista sia “più libera”.
Le procedure (per capire)
Per poter valutare meglio quale sia il noto “passo avanti” tanto raccontato dagli arcobaleno progressisti sarebbe meglio “descrivere le procedure. In cosa consiste l’aborto chimico? Nell’assunzione di una pillola antiprogesterone: essa produce l’effetto di agonizzare la morte del bimbo che avviene in due giorni. Una pillola assunta successivamente agevola “l’espulsione” del “materiale fetale”. Tutto ciò non avviene in souplesse, cosa non rivelata dai “conquistatori di libertà”, ma accompagnato da un dolore molto forte. In genere è necessario assumere pesanti farmaci (Toradol) per sopportarlo. Nel caso di emorragia (cosa possibile), alla donna abortista non rimane che recarsi ad un pronto soccorso o chiamare un’ambulanza.
Day hospital o tre giorni ospedalizzati
Quanto sopra descritto spiega il perché la medicina avesse previsto, in caso di aborto farmacologico, il ricovero ospedaliero per tre giorni. Senza entrare nel merito delle cure e assistenze di carattere psicologico, esso serve ad assistere la donna in questo doloroso e “non sicuro” passaggio. Occorre raccontarlo, occorre dirlo alle nostre figlie, piuttosto che lasciar credere che possano fingere di andare a fare una gita fuori porta di mezza giornata. Occorre dire che partorire o abortire ha in sé una notevole quantità di rischi, che farlo in un ambiente controllato, sterile e garantito è meglio che farlo da soli in casa.
Quella sì che era stata una conquista di civiltà, non l’abbandono al fai da te in solitudine. Nessun passo avanti, io ci vedo solo bugie di civiltà.
Tinto con i colori dell’arcobaleno, questa procedura non diventa più bella. Solo più dolorosa e pericolosa.