Che sia virulenza o virul’ansia, che sia gestione, governo, coordinamento oppure che si tratti semplicemente di subire, ingoiare il rospo, adattarsi e dover abbozzare, il tutto, in ogni caso è una tipica faccenda all’italiana.
L’epidemia
Quello che sta accadendo col coronavirus non è certo roba da poco. La mia longevità da cinquantenne può testimoniare di non aver mai vissuto nulla di simile prima d’ora. Posso a malapena intuire cosa sia un coprifuoco per sentito raccontare, figuriamoci immaginare situazioni da film catastrofico dove le persone non possono più varcare i confini della propria città.
News
Le news si susseguono e mentre ognuno invita l’altro ad affrontare le cose con razionalità, in realtà contribuisce ad ulteriore ansia: una gara di velocità di diffusione fra il virus stesso e l’isteria di tutti noi.
Gerenza
Finora, “all’italiana”, lo sentivo soltanto nel mondo calcistico: “catenaccio all’italiana” riferendosi alle tattiche di gioco di Trapattoni. Perché diciamolo, il fenomeno non è certo gestito con l’aplomb di certi altri paesi. Leggo di Singapore, città stato con circa sei milioni di abitanti che, ad oggi, presenta novanta casi positivi di coronavirus e zero decessi. Pare che le strutture ospedaliere siano all’avanguardia, ma che il governo abbia gestito la cosa informando i cittadini di cosa occorresse fare senza eccessi in un senso o nell’altro. Trasparenza, sincerità e grande senso civico della popolazione ed ecco i risultati.
All’italiana
Nel nostro bel paese, tutto va dentro l’imbuto della politica e poi si adotta quel gioco simpatico che si chiama scaricabarile. Di chi è la colpa? Piuttosto che dire: “Ho sbagliato, andiamo avanti”, si preferisce cercare il capro espiatorio migliore. Neppure il famoso paziente zero si cerca più, chi se ne frega, l’importante è trovare a chi addossare le responsabilità. Il Presidente del Consiglio Conte ha adottato il massimo rigore, dice lui; Il Capo della Protezione Civile Borrelli dice che l’errore è dei sanitari, incapaci di diagnosticare correttamente. Il Ministro della Salute Speranza, in piena emergenza epidemica, preferiva incontrare i dirigenti facebook Italia per gestire meglio le fake news. Infatti la priorità sta nel bloccare le maldicenze, così si chiamano, non le tristi verità.
Dall’estero
Molti paesi esteri hanno bloccato i voli provenienti dall’Italia; molti altri rifiutano gli italiani. Pure l’Africa, guarda un po’. Laddove non si monitora neppure, per non sbagliare si blocca chi il virus lo ha in casa di certo. Altro che immigrazione clandestina! Ciascuno di noi ha il passaporto automatico di untore. Piuttosto, che fine a fatto Gigetto degli Esteri? Perché piuttosto che parlare di come fare i funerali, in grande stile o coi parenti stretti, magari occorrerebbe gestire i rapporti con l’esterno, capire cosa succede coi voli. Pure con quelli interni, visto che dovremmo diradare le occasioni di affollamento. Di mio, con prudenza e responsabilità, rinuncio a un paio di voli. Mi domando però dove stia la concretezza dei provvedimenti. Tutti rimborsati a parole, ma se si chiamano le compagnie, ci si becca un dito medio.
Certe propagande
Certe propagande partitiche (non faccio i nomi), fino a pochi giorni fa, ancora col solito motivetto di non discriminare: “Abbracciamo un cinese, tutti a mangiare dal cinese per combattere la paura!” Ma sono i cinesi oggi a non volere abbracciare noi! Pure gli africani! Gli appestati siamo noi! Ma lasciando perdere le litanie politiche, ci sono quei movimenti spontanei, apartitici (dicono loro) che sono rimasti fermi, nessuno ha suggerito loro i nuovi slogan da sbandierare: loro combattono il razzismo.
Diteglielo magari, il coronavirus non discrimina, colpisce tutti.
Rosario Galatioto